«Siamo nati nel 1978, anno dell’elezione di Giovanni Paolo II, e ci siamo conosciuti alla Gmg del 2000 a Roma. Ora veniamo come famiglia da Ravenna con la nostra figlia piccola Emanuela, per testimoniare la nostra speranza e in segno di riconoscenza», raccontano Vito e Rosanna nel mezzo della folla che ha passato la notte in preghiera, in attesa dell’apertura delle transenne per entrare in piazza San Pietro alle 5 e mezza del mattino. La celebrazione a cui hanno avuto la gioia di partecipare in questa domenica della Divina Misericordia, in mezzo a più di un milione di pellegrini, resterà negli annali della storia della Chiesa, nove anni dopo la morte di Giovanni Paolo II che aveva commosso il mondo intero. Due miliardi di telespettatori nei cinque continenti hanno potuto vivere in diretta la messa di canonizzazione dei papi Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, concelebrata dai papi Francesco e Benedetto XVI. Questa giornata dei quattro papi è un avvenimento senza precedenti, che ha mobilitato 4500 poliziotti e 2600 volontari della Protezione civile. «Nemmeno per il funerali di Giovanni Paolo II avevamo visto una tale affluenza», ha esclamato Gennaro, responsabile di una squadra di volontari alla guida dei pellegrini.
La vigilia, nelle chiese della Città eterna, i fedeli si sono riuniti secondo i rispettivi gruppi linguistici per prepararsi spiritualmente ad accogliere le grazie speciali di queste canonizzazioni. «I due nuovi santi che onoriamo illustrano la certezza che Dio può rinnovare il mondo trasformando il cuore degli uomini», ha ad esempio sottolineato con convinzione il cardinale André Vingt-Trois, arcivescovo di Parigi, nella chiesa di S. Ignazio dove i pellegrini francesi si sono ritrovati sabato pomeriggio. Il cardinale ha insistito sull’atteggiamento di benevolenza, di bontà e di accoglienza comune ai papi Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII, due uomini di pace e unità che hanno messo in luce «il dinamismo di Dio all’opera nella sua creazione», l’uno decretando l’apertura del Concilio ecumenico Vaticano II, l’altro manifestando l’ampiezza missionaria di questa nuova Pentecoste i cui effetti sociali e politici sono evidenti dopo la caduta del muro di Berlino. «Coscienti del male che si incarna nell’umanità, non hanno ceduto alla disperazione, e tutti e due sono diventati santi perché hanno conservato un cuore di fanciullo, fiduciosi nel Padre celeste, sicuri che niente può superare la potenza della sua misericordia», hanno affermato in sintesi e di concerto coloro che furono i loro segretari, Mons. Loris Capovilla e Mons. Stanislas Dziwisz, invitati a parlare ai giornalisti del mondo intero presenti a Roma nei giorni precedenti alla canonizzazione. Anche Floribeth, madre di famiglia del Costa Rica, guarita miracolosamente per intercessione di Giovanni Paolo II, si è rivolta alla stampa per raccontare come la forza della preghiera ha cambiato la sua vita quando ha sentito dentro queste parole: «Alzati, non avere paura». La preghiera, capace di cambiare il corso della storia, della nostra storia, è senz’altro il messaggio da conservare di questa domenica 27 aprile.
Mistero di gratuità, di condivisione, di generosità e di perdono
Eravamo arrivati molto presto e, da parte mia, posizionato sulla loggia del Maggiordomo con alcuni amici, portavo nel cuore numerosi volti che contemplavano le gigantografie dei due papi che di lì a poco sarebbero stati proclamati santi appese alla facciata della basilica. Alcuni testi di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, letti in diverse lingue, guidavano la nostra meditazione sul tema della misericordia, mistero di gratuità, di condivisione, di generosità e di perdono. La moltitudine di fedeli aveva un’anima sola, in armonia spirituale con i numerosissimi sacerdoti e vescovi presenti. Alcuni elicotteri sorvolavano la zona dove le bandiere, soprattutto polacche, spuntavano ovunque. Avevamo aperto gli ombrelli per ripararci da una sottile pioggerellina che aveva iniziato a cadere quando Benedetto XVI, il papa emerito, è arrivato all’altare, provocando uno scroscio di applausi. Intanto il coro intonava le litanie dei santi per la processione d’ingresso, e il sole è apparso non appena papa Francesco ha pronunciato la formula di canonizzazione – alle 10.10 per la precisione -, all’inizio della messa. Il Vangelo raccontava l’episodio dell’incontro di Cristo risorto con l’apostolo Tommaso, che dubitava. Commentando questo passo della Scrittura, Francesco ci ha esortati a vedere nelle cinque piaghe che Gesù presenta al discepolo la testimonianza luminosa di un amore invincibile. L’omelia è stata breve, indubbiamente per venire incontro ai pellegrini affaticati, ma l’essenziale sta nelle poche parole in cui il papa ha evocato innanzitutto la docilità allo Spirito Santo di cui ha dato prova Giovanni XXIII nell’aprire il Concilio Vaticano II – un ritorno per la Chiesa alla fisionomia delle origini – e quindi delineato un orizzonte di speranza per le famiglie d’oggi, le cui «piaghe» saranno oggetto del prossimi due sinodi dei vescovi, posti sotto la protezione particolare di Giovanni Paolo II, il papa della famiglia e della misericordia al tempo stesso. «Che questi due nuovi santi Pastori del Popolo di Dio intercedano per la Chiesa, affinché, durante questi due anni di cammino sinodale, essa sia docile allo Spirito Santo nel suo servizio pastorale alle famiglie. Che ci insegnino a non scandalizzarci delle piaghe di Cristo, e a entrare nel mistero della misericordia divina che sempre spera, sempre perdona, perché sempre ama», ha dichiarato come un programma papa Francesco, la cui personalità sembra essere una sintesi dei due papi che ha appena canonizzato: bontà paterna rassicurante e conquista del mondo alla Parola divina, sorgente di liberazione interiore. È andato a salutare gli ammalati alla fine della celebrazione, mentre i vescovi veneravano in ginocchio, personalmente e intensamente, le reliquie dei due papi esposte sul sagrato. La preghiera mariana del Regina Coeli ci ha uniti alla gioia della Risurrezione di Cristo, in questa domenica della Divina Misericordia che conclude l’Ottava di Pasqua, felici di essere contemporanei ed eredi di questi due giganti della fede, profeti dell’unità e del dialogo, che intercedono per tutti noi più che mai. Vedendo una giovane donna portar via come ricordo una bella rosa, raccolta da un mazzo ai piedi dell’altare, mi è parso che attraverso di lei questo fiore di risurrezione venisse offerto da Dio stesso a tutta l’umanità, a testimonianza di un amore immenso sempre rinnovato.