Il tempo è il messagero di Dio

Non è il Vangelo che cambia, siamo noi che lo capiamo meglio
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«Dimmi che cosa attendi, ti dirò chi sei»
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Mentre la solenne novena all’Immacolata Concezione, prevista dal 30 novembre all’8 dicembre, dispone i nostri cuori alla gioia della rinascita a vita nuova con Maria, la Chiesa intera – intesa come popolo – accoglie il primo imponente testo del Papa eletto otto mesi fa: una Esortazione Apostolica, un vero e proprio programma di riforma permanente, rivolta in primo luogo a noi stessi che, tutti insieme, siamo la Chiesa, “fermento di Dio nel cuore dell’umanità”.
Terminata la presentazione alla stampa di questo corposo documento dal titolo “La gioia del Vangelo”, come ogni mercoledì, a Roma insieme ad altri amici volontari abbiamo partecipato alla distribuzione di pasti caldi ad alcune persone bisognose, che sono la “carne del Cristo” : ebbene, quella sera ho sentito che il sogno profetico di Francesco era davvero realizzabile. La notte era fredda. Nei dintorni della stazione a due a due ci siamo organizzati per servire i pasti caldi, fino all’interno di alcuni vagoni ferroviari abbandonati sui binari. Un’anziana signora, avvolta in una coperta, Giulia, non ha voluto il piatto di pasta propostole, ma ha accettato solamente una tazza di tè e ha chiesto di recitare la preghiera del Padre Nostro con noi. Pregava come una bambina, le mancavano vari denti e purtuttavia era sorridente e radiosa nel volto; allora abbiamo capito meglio quello che il Papa vuol dire quando si esprime in forma sintetica ed essenziale: “Desidero affermare con tristezza che la peggiore discriminazione di cui soffrono i poveri è la mancanza di attenzione spirituale; essi hanno bisogno di Dio e noi non possiamo tralasciare di offrire loro la sua amicizia, la sua benedizione, la sua Parola…” (Esortazione, paragrafo n.200). E’ in questi termini che il Papa – che insiste nel desiderare “una Chiesa povera per i poveri” – esprime la reale possibilità di rinnovamento, “oggi stesso”, del nostro incontro personale con Gesù Cristo o almeno dell’invito a lasciarci visitare da Lui, a cercarLo ogni giorno, senza sosta, abbandonando le comodità individualiste e materialiste che imprigionano nelle tenebre del “vuoto interiore” e rendono tristi come la morte. Tutti noi siamo invitati a rispondere a questa chiamata: a lasciare le comodità e avere il coraggio di raggiungere le periferie, quelle che hanno bisogno della luce del Vangelo”, poiché “l’amore per il prossimo è una forza spirituale che permette l’integrale incontro con Dio”.Il significato dato dal Papa all’Esortazione ha una “portata programmatica”, come lui stesso afferma. Sull’onda dei risultati del Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione, che si è svolto un anno fa nell’autunno 2012, Francesco esorta i battezzati a costituirsi in ogni angolo della terra in uno “stato permanente di missione” : “ Si tratta di imparare a scoprire Gesù nel volto degli altri, nell’ascolto, nelle loro richieste” . Lui stesso vuole dare l’esempio quando pensa a ciò che descrive come “una conversione del Papato” e prosegue con l’affermazione “ le opere d’amore verso il prossimo sono la manifestazione esteriore, la più perfetta, della Grazia interiore dello Spirito”, proprio perché la Misericordia è la più grande di tutte le virtù (San Tommaso d’Aquino). Questo rinvio al cuore del Vangelo implica una decentralizzazione nell’organizzazione gerarchica della Chiesa, richiede il rifiuto di false mondanità – tanto care ad alcuni prelati da salotto e dal cuore duro come la pietra – richiede l’accettazione della diversità, piuttosto che la difesa a spada tratta di una dottrina monolitica e, ancora, suscita molte altre conseguenze, come quelle che Francesco ama citare e che definisce come obiettivi di prossima realizzazione, facendo ricorso ad espressioni forti, quali “il confessionale non deve essere un luogo di tortura”, “la Chiesa non è una dogana” o ancora “ un evangelizzatore non dovrebbe avere un’espressione funerea”… “Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze”, sottolinea al paragrafo n.49 .
Per aiutarci a reagire “alla psicologia della tomba”, Francesco invita a fare come tutti quei cristiani che si dedicano alla cura del prossimo e “che mostrano l’amore immenso per l’umanità che ci ispira il Dio fatto uomo”. D’altronde è di questi giorni la notizia, data dall’incaricato personale del Papa per il sostegno ai rifugiati, Monsignor Corrado Krajewski, che riferisce che il Papa andrebbe volentieri con lui la sera nelle strade in soccorso alle persone bisognose, se i problemi di sicurezza non glielo impedissero; anche se, come si mormora in Vaticano, l’avrebbe già fatto “in incognito” varie volte. Alcuni passaggi dell’Esortazione potrebbero essere incorniciati e appesi in tutti gli uffici delle nostre istituzioni ecclesiastiche, come per esempio questo: “Il Vangelo invita, innanzitutto, a rispondere alla chiamata del Dio che ci ama e che ci salva, invito questo a riconoscerLo nel prossimo, uscendo da noi stessi, a cercare il bene di tutti. Questo invito è valido per ogni situazione! Ogni virtù deve essere posta al servizio di questa risposta d’amore. Se questa chiamata non trova una risposta gioiosa e non è attraente, l’edificio morale della Chiesa corre il rischio di diventare un castello di carta, ed è proprio lì che si cela il pericolo maggiore”…”
Sull’onda dell’Esortazione apostolica di 25 anni fa scritta da Giovanni Paolo II per i fedeli laici, ma, ancor più e in modo ancor più deciso, 50 anni dopo il Concilio Vaticano II e, ancora, dopo i recenti scandali venuti alla luce e che hanno investito una parte del clero cattolico, il Papa Francesco sottolinea che la Chiesa è prima di tutto “un popolo pellegrino e evangelizzatore, che trascende sempre ogni definizione istituzionale”, “ Mistero che affonda le sue radici nella Trinità”.
“Siamo tutti chiamati a diventare adulti come evangelizzatori”, afferma, rivolto ai membri del popolo quali tutti siamo, e questo con riferimento preciso alla Samaritana che diventa missionaria alla conclusione del dialogo con Gesù. In risposta alle nostre più che reali difficoltà, a volte totalmente scoraggianti, il Papa ci consola: “Non ci viene richiesto di essere immacolati, ma piuttosto di porci in uno stato di crescita, di vivere in un desiderio di profonda apertura… di non mollare”. E ci propone di dare tempo al tempo, di agire con pazienza infaticabile nel cammino di “apertura e predisposizione alla crescita”, poiché “il tempo è il messaggero di Dio”…
In conclusione Francesco invoca l’aiuto della Vergine, secondo il suo “stile mariano”, nell’azione evangelizzatrice della Chiesa e ci trascina a guardare a Maria con Lui, nella certezza della “forza rivoluzionaria della tenerezza”. “L’umiltà e la tenerezza non sono virtù dei deboli, bensì dei forti”, come Egli stesso afferma. A tal proposito il bacio che ha dato all’icona della Vergine della tenerezza, offerta dal Presidente russo Vladimir Putin, lunedì scorso, apre un cammino di unità con i nostri fratelli cristiani ortodossi e l’incontro dell’evangelico Vescovo di Roma con il Patriarca di Mosca appare sempre più realizzabile, quale nuova tappa, necessaria alla credibilità della testimonianza dei discepoli del Cristo, per troppo tempo separati.
Simili prospettive sono oggi possibili, noi ci crediamo dal profondo del cuore, perché invece di cadere nella tentazione di un atteggiamento negativo nei confronti della Chiesa e del mondo, l’Esortazione “ La gioia del Vangelo” ci offre l’opportunità di una visione spirituale di intensa fede, invitandoci, tutti indistintamente, a divenire “persone-anfore per dissetare gli altri “ (n°86). “ A volte l’anfora si trasforma in Croce pesante, confessa il Papa, ma è proprio sulla Croce che il Signore trafitto sì è offerto come sorgente di acqua viva. Non facciamoci rubare la speranza”.

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