Il celebre settimanale americano Time ha appena nominato «uomo dell’anno» papa Francesco, eletto nove mesi fa. «Vedere uno dei riconoscimenti più prestigiosi nel campo della stampa internazionale attribuito a qualcuno che parla con efficacia a favore della pace è un fatto positivo», ha commentato padre Lombardi, direttore della sala stampa della Santa Sede. Dopo la morte di Nelson Mandela, unanimemente omaggiato per aver contribuito a costruire «una nazione arcobaleno in pace con sé stessa e con il mondo», papa Francesco appare come l’unico leader mondiale in grado di imprimere un cambiamento profondo nei rapporti umani, con ripercussioni globali inattese anche sul piano della politica internazionale. Come ha affermato Nancy Gibbs, direttrice di Time, «quando abbraccia un uomo sfigurato dalla malattia o lava i piedi ad una donna musulmana, l’immagine risuona lontano, al di là dei confini della Chiesa cattolica».Francesco compie 77 anni il 17 dicembre prossimo, e ha recentemente festeggiato il 44° anniversario di ordinazione sacerdotale. La «riforma dello spirito» alla quale tanto sta lavorando avrà delle conseguenze a lungo termine nella Chiesa ma anche oltre, come ha spiegato venerdì scorso davanti al corpo diplomatico mons. Piero Parolin, nuovo Segretario di Stato e suo braccio destro, precisando che il processo verso la pace tra i popoli passa per l’incontro e la condivisione, il dialogo e la riconciliazione tra le persone. «Papa Francesco vuole una Chiesa con le porte aperte, simbolo di luce, di amicizia, di libertà e di fiducia, meno preoccupata di rafforzare i suoi confini che di comunicare la gioia del Vangelo», ha riassunto in sostanza il segretario di Stato. Così quando a inizio dicembre il primo ministro israeliano Netanyahu ha donato al papa un libro sull’Inquisizione in Spagna, Francesco è rimasto cordiale e affabile, offrendo la sua collaborazione affinché venga ora trovata una soluzione giusta e duratura in Terra Santa, dove dovrebbe presto recarsi in visita pastorale, sicuramente nella primavera del 2014.
Il senso del nostro cammino sulla Terra
È il desiderio di una pace vera e profonda ad animare questo papa, ed osservandolo vivere e parlare potremmo chiederci: «Dimmi che cosa attendi, ti dirò chi sei». In questo periodo di Avvento che ci conduce al Natale, cosa attendiamo? Le ideologie in voga dell’individualismo, dell’egocentrismo, dell’individualismo materialista che ci rendono schiavi insoddisfatti di una felicità effimera che non ha altro sbocco che la morte dell’anima? O al contrario, coscienti che in questo mondo che passa facciamo «un santo viaggio», cerchiamo di «rimanere in ascolto attento della voce del Signore» così che «il grido dei poveri non ci lasci mai indifferenti» e «la sofferenza dei poveri e dei bisognosi non ci trovi distratti»? È con queste parole che ha pregato papa Francesco domenica 8 dicembre davanti alla statua dell’Immacolata in piazza di Spagna, domandando a Maria che «non smarriamo il senso del nostro cammino sulla terra». Penso a quella madre sola al capezzale della figlia Véronique, disabile in fin di vita, che non smette di sorridere e andare in aiuto agli altri, pur avendo tutte le ragioni per disperare. Penso a quella donna discreta che da anni intrattiene una relazione telefonica con un portatore di handicap, Roberto, che non ha nemmeno mai visto, semplicemente per sostenerlo moralmente in un moto d’amicizia perseverante e allo stesso tempo fedele. A che punto siamo in quanto a gesti disinteressati che potrebbero portare la pace in noi e attorno a noi? Abbiamo sempre delle buone ragioni per rimandare a domani, per metterci l’animo in pace e non fare nulla, criticando coloro che ci rimettono in discussione, come un tempo si rifiutava Giovanni Battista perché non mangiava né beveva, e poi il Cristo perché era «ingordo» e amico dei peccatori…Spesso ciò che ci manca è aprire il nostro cuore allo Spirito Santo nella preghiera, perché ci liberi dalla paura di andare verso gli altri con un amore disarmato, correndo il rischio della croce.
“Tu sei il ponte…”
«È bene gareggiare nella stima reciproca, ricordarsi di essere fratelli, ed educarsi a non considerare l’altro come un nemico o un avversario da eliminare», scrive papa Francesco nel suo primo messaggio per la Giornata mondiale della pace il 1° gennaio. Questo «messaggio di fiducia per tutti», firmato l’8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione – e della bellezza divina che ci salva – è un’ode alla fraternità universale che sgorga dalla paternità di Dio. Il papa ricorda che è per gelosia che Caino ha eliminato Abele, e che noi stessi ci distruggiamo gli uni gli altri quantomeno a parole. Poiché c’è un solo Padre, che è Dio, siete tutti fratelli, ci rivela Gesù (Mt 23, 8-9), venuto a rigenerare questa fraternità nella sua morte e resurrezione, sottolinea il papa. «L’uomo riconciliato vede in Dio il Padre di tutti e, di conseguenza, è incitato a vivere una fraternità aperta a tutti». Francesco, in questo lungo testo che è bene far proprio e meditare, cita la «povertà relazionale» che colpisce la nostra società globalizzata, e ci chiede di promuovere la fraternità per vincere questa povertà senza soffermarci sul passato perché «l’uomo può convertirsi e non bisogna mai disperare in un cambiamento di vita». Conclude con una frase di sintesi di cui far tesoro in tutte le sue parole: «Il servizio è l’anima di quella fraternità che edifica la pace». Queste parole mi hanno ricordato un istante d’eternità vissuto distribuendo pasti caldi ai rifugiati l’altra sera in una stazione di Roma, quando uno di noi si è rivolto a quella che è un po’ la Madre Teresa laica del nostro gruppo: «Tu sei il ponte», le ha detto, risvegliando in ciascuno la chiamata a sognare l’impossibile per diventare così, sul suo esempio, passerella di un amore concreto e gioioso, senza abituarci mai alla sofferenza dell’altro.