Sono ritornato a Medjugorje con un gruppo di amici, trent’anni dopo il mio primo pellegrinaggio in questo villaggio dell’Erzegovina dove la Madre di Dio si manifesta costantemente, a pochi kilometri da Mostar, i cui minareti testimoniano l’importante presenza musulmana. Un articolo che avevo pubblicato nella primavera del 1984 su «La stella del Mattino», il piccolo giornale che dirigevo allora, dava testimonianza del mio incontro spirituale decisivo con la Vergine in questo luogo di apparizioni. Questo pellegrinaggio, che ha davvero segnato un punto di svolta per il giovane ventenne che ero allora, ha poi determinato il mio impegno giornalistico nel santuario di Lourdes, servizio che è durato poi per 26 anni, in concertazione con i quattro vescovi che si sono succeduti e cinque rettori. In questo lungo periodo è stato soprattutto il padre René Laurentin a darmi notizie di Medjugorje, soprattutto quando andavamo a sciare insieme a Barèges, sui Pirenei. Mi parlava della perseveranza dei veggenti, e mi descriveva il loro coraggio di fronte ai detrattori sempre più confusi. Il Cielo si è adattato ai tempi di Twitter e dei social network, gli appelli alla conversione si ripetono incessantemente a Medjugorje perché non siamo più capaci di ascoltare nel silenzio, assorbiti dal flusso di informazioni da cui siamo travolti troppo spesso inutilmente. Il 33° anniversario delle apparizioni mariane avrà presto luogo, il prossimo 24 giugno, nella festa di San Giovanni Battista. I sei messaggeri della «Regina della pace», che erano molto giovani quando li ho conosciuti, sono ora tutti sposati e con figli, valorizzando così il ruolo essenziale delle famiglie nella Chiesa, famiglia di Dio. «Non c’è Chiesa viva senza famiglie vive», ci ha detto Ivan, uno dei veggenti, il 3 maggio scorso. Maria continua ad apparirgli, così come a Ivanka, Vicka, Ivan, Mirjana, Maria e Jakov, con una frequenza variabile dall’uno all’altro, trasmettendo con dolcezza al mondo un appello costante alla preghiera, alla conversione e al perdono. Come una madre, attraverso di loro, la Vergine invita quotidianamente ciascun pellegrino ad aprire il proprio cuore con semplicità per accogliere una grazia speciale che la Misericordia Divina gli destina, e ci affida alla preghiera gli uni degli altri perché nessuno si perda.
Un’università popolare della preghiera
Nel 1984 avevo lasciato una grande chiesa parrocchiale circondata dai campi. Trent’anni più tardi ho scoperto invece una città-santuario in cui il mondo intero arriva a pregare ed adorare Dio: è un’oasi di pace. Ma la più grande sorpresa al mio arrivo è stato vedere lunghe file in attesa dappertutto: i pellegrini facevano la coda per ore per confessarsi. La sessantina di confessionali posti lungo entrambi i lati della chiesa non sono sufficienti e i sacerdoti confessano anche all’aperto, sotto gli alberi o sulle scalinate, dappertutto. Medjugorje è diventato «il confessionale del mondo», essendo riuscito ad evitare la manipolazione del messaggio a causa della strumentalizzazione delle guarigioni miracolose che non riguardano che la salute fisica. Come a Bernadette Soubirous, la Vergine domanda ai veggenti d’Erzegovina la conversione di noi peccatori, niente di meno. A Medjugorje non ci sono «sani» che mettono in mostra la loro coscienza pulita e sbandierano la propria volontà di potenza occupandosi dei «malati». Medjugorje lascia che gli ospedali facciano il loro lavoro, e non sbaglia epoca nel rivolgersi in gran parte a tutti quei feriti della vita le cui sofferenze sono spesso nascoste. I miracoli avvengono soprattutto nel segreto delle coscienze e nessun ufficio li può censire, tanto sono numerosi. Ho contemplato laggiù una moltitudine di poveri di cuore che si lasciano amare e trasformare dal di dentro, ed è senza dubbio prima di tutto questa la «Chiesa dei poveri» di cui Francesco ci ha parlato appena dopo essere stato eletto papa. Preghiera, profondità, interiorità sono parole che descrivono chiaramente l’atmosfera soprannaturale che caratterizza questa terra di conversione dove i pellegrini diventano apostoli della Pentecoste. Bisogna ringraziare per questo i frati francescani che animano la parrocchia diventata santuario, le danno un’anima, agendo non da piccoli imprenditori ma da ardenti discepoli di Cristo risorto e vivo, impegnandosi a vivere per primi ciò che predicano agli altri. La figura di Padre Slavko Barbaric, parroco di Medjugorje, è molto importante a questo proposito. Trent’anni fa aveva dato la sua camera a Cyrille, l’amico studente che mi accompagnava e si era ammalato. Non dimenticherò mai la sua disponibilità, la sua bontà, il suo sorriso. Ha aperto un orfanotrofio durante la guerra in Bosnia, il Villaggio della Madre. Nel 2000 è morto scendendo dal Cammino della Croce, appena dopo aver saputo che il vescovo voleva allontanarlo da Medjugorje. La sua tomba, dove sono potuto andare a raccogliermi, è sempre coperta di fiori. Ha contribuito a fare del santuario un’università popolare della fede e della preghiera, riferendo fedelmente insieme agli altri religiosi francescani ciò che la Vergine dice per noi tutti ai veggenti. Ritornando dall’adorazione eucaristica, sulla spianata dove una folla silenziosa è radunata davanti al Santissimo la sera dopo la messa delle 19, ho notato che uno dei giovani francescani benediceva spontaneamente i pellegrini, uno per uno, imponendo loro le mani, creando una lunga fila a cui mi sono accodato con fede, ricevendo anch’io questa benedizione a sorpresa che mi ha permesso di incrociare lo sguardo di Cristo in quello di questo umile religioso libero e ispirato al tempo stesso.
Da Fatima a Medjugorje
Avevo lasciato nel 1984 una comunità parrocchiale coraggiosa davanti alle persecuzioni di un regime comunista arretrato, e di un vescovo locale accecato dalla gelosia. Ho visto oggi un’armata bianca unita al suo pastore universale che si solleva in Europa per resistere alla cultura di violenza e di morte che tende a dominare il mondo.Ogni giorno a Medjugorje è come il 15 agosto a Lourdes, con migliaia di pellegrini in preghiera, da 20 a 30 mila in media. Questo movimento popolare irreversibile manifesta la vittoria del Cuore immacolato di Maria. Il popolo di Dio è là, e niente e nessuno potrà opporsi al suo cammino verso la nuova Gerusalemme, mentre la gerarchia ecclesiastica si avvia poco a poco a confermare gli avvenimenti e riconoscere l’esperienza spirituale autentica vissuta dai veggenti e dai milioni di pellegrini al loro seguito. Le più importanti apparizioni della storia della Chiesa – vertice dell’opera di Maria che iniziò a rue du Bac, a Parigi nel 1830 – sono iniziate circa quaranta giorni dopo l’attentato a Giovanni Paolo II del 13 maggio 1981. Questo papa che è un gigante della storia ha visto giusto, e ha fatto di tutto per proteggere Medjugorje. Avrebbe voluto andarci per confessarsi, avrebbe detto a diversi testimoni. Considerava le apparizioni della Regina della pace come la continuazione di Fatima, «la realizzazione di Fatima». Il cardinale Kim, di Seoul in Corea, l’ha testimoniato, come molti altri vescovi che hanno parlato con il papa polacco da poco canonizzato. L’ordinario del luogo è stato sollevato dall’incarico dal 1986, su decisione del cardinale Joseph Ratzinger, e il dossier trasferito alla conferenza episcopale jugoslava che, nel 1991, con la dichiarazione di Zara, ha permesso i pellegrinaggi lasciando saggiamente che l’inchiesta proseguisse. Alle porte di Roma, a Civitavecchia, una statua della Vergine di Medjugorje ha pianto lacrime di sangue nel 1995. Il Vaticano non ha mai proibito i pellegrinaggi a Medjugorje, contrariamente alle affermazioni false di un giornale francese un tempo cattolico. Papa Benedetto XVI ha costituito una commissione d’inchiesta che ha da poco depositato le sue conclusioni a Francesco, papa evangelico e mariano che non ha remore a parlare del diavolo la cui più grande astuzia è farci credere che possiamo vivere senza Dio. «La Vergine ci fa capire a Medjugorje che il nostro destino è vivere sempre uniti alla volontà di Dio», ha riassunto per noi, durante il pellegrinaggio che ho appena concluso, Padre Primo Martinuzzi, ex psichiatra diventato sacerdote, membro della commissione medica che ha esaminato i veggenti. Secondo lui il nemico della Chiesa e delle anime è il «materialismo pratico» propugnato da coloro che rifiutano e rigettano le radici giudaico-cristiane dell’Europa. Dedicata a San Giacomo, l’apostolo venerato a Compostela da secoli, la parrocchia-santuario di Medjugorje è il nuovo centro mondiale di pellegrinaggio dove si risvegliano le coscienze assopite, dove la società intera è chiamata ad uscire da un come spirituale mortale. «La Vergine ha parlato dell’autodistruzione dell’umanità sin dalla seconda apparizione», ci ha rivelato Ivan sabato scorso, «e non la eviteremo se non divenendo noi stessi segno di una fede viva e operante, piena d’amore per coloro che ci circondano».
«Vivere con Cristo significa regnare»
Avevo lasciato una croce bianca piantata sulla montagna che tutti i pellegrini guardavano per vedervi apparire un segno. Mi sono avvicinato questa volta ad una statua di Cristo crocifisso e già risorto che tutta la folla abbraccia con la speranza di Maria. Su questa statua di bronzo, inaugurata sul prato nel 1998, sgorga misteriosamente un liquido all’altezza del ginocchio destro di Gesù che i pellegrini asciugano con dei fazzoletti di carta, e che assomiglia a lacrime umane. La Vergine Maria ai piedi della croce ha certamente pianto stringendo a sé le gambe di suo Figlio inchiodato al legno: non saranno forse le sue lacrime a scorrere simbolicamente per noi a Medjugorje? Ne sono convinto. «Se è così, sono certamente lacrime di speranza», ha commentato una persona a cui ne ho parlato. Il liquido ha provocato guarigioni, secondo le testimonianze raccolte sul posto: un uomo guarito da un tumore, una donna da un cancro al seno, un giovane tossicodipendente… Questa sorgente di grazie discreta e costante si offre a tutti come un’unzione, spesso di notte quando c’è meno gente. E a Medjugorje gli uccelli cantano anche la notte, il che mi ha molto sorpreso. Nella notte si prepara l’aurora. «Apostoli miei, portate la luce che dissipa le tenebre, e non perdete la speranza» ci ha chiesto la Vergine nel suo messaggio del 2 maggio a Mirjana. Ci eravamo alzati molto presto, era ancora buio, per andare all’appuntamento dell’apparizione sulla collina, in mezzo ai fichi e agli ulivi, come in un nuovo giardino dell’Eden. Doriana e Sergio, dalla Sardegna, accanto a me invocavano lo Spirito Santo. Migliaia di persone trattenevano il respiro, una tortora tubava, un cane abbaiava in lontananza. Abbiamo intonato l’Ave Maria di Lourdes appena prima dell’inizio dell’apparizione. Dei frutti di pace ci hanno riempiti interiormente, il che ha fatto dire a Krizan, la nostra guida: «Non abbiate paura di perdere alcunché aprendovi totalmente a Dio, perché vivere con Cristo significa regnare».
2 Comments
un gran bell’articolo, l’ho letto con grande interesse ed è la testimonianza sentita non solo della tua esperienza di vita ma anche della fede di tante persone…grazie!
E’ bello vedere come la storia di un uomo e le sue esperienze siano in realtà condivise da molti altri. La fede porta anche a questo, alla condivisione, allo scambio per l’arricchimento personale e degli altri, è un atto di altruismo. Medjugorje è un posto non solo spirituale, ma che anche mette in crisi noi come persone.