“Cittadino, ha mai incontrato per le strade di Parigi un pretino con un cappello malandato, una tonaca di stoffa pesante, grandi scarpe di cuoio, che si occupa soltanto degli operai e degli sventurati? Ebbene? È mio figlio! L’avete arrestato…”. Così disse la madre di Henri Planchat al prefetto della Comune di Parigi, mentre suo figlio era in prigione insieme ad altri ostaggi. La Commissione dellaSicurezza Generale prendeva di mira soprattutto i religiosi di Parigi, che erano oggetto di arresti arbitrari. Numerose perquisizioni e profanazioni colpivano le chiese. I discepoli di Auguste Blanqui, un rivoluzionario francese, diversi membri molto influenti del governo della Comune volevano “annientare il monoteismo”.
La Comune di Parigi si era formata nel 1871, sulla stessa linea della Comune del 1792 che aveva rovesciato re Luigi XVI. Le armate prussiane, dopo aver trionfalmente sconfitto Napoleone III a Sedan, erano accampate alle porte di Parigi. I corpi costituiti della Terza Repubblica francese appena proclamata si erano rifugiati a Versailles. Nella capitale, la Guardia Nazionale rifiutava di accettare la sconfitta e, organizzata in Federazione, fondò la Comune il 26 marzo 1871, cercando di mettere in piedi una Repubblica democratica e sociale mentre sognava di respingere l’invasore. Una crudele guerra civile contrapponeva i Federati ai Versagliesi.
Reagendo alle sanguinose sconfitte inflitte dall’esercito versaglieseche procedeva ad esecuzioni sommarie, la Comune adottò il cosiddetto Decreto degli Ostaggi il 5 aprile 1871, stabilendo che chiunque fosse sospettato di complicità con il governo di Versailles sarebbe stato immediatamente imprigionato e processato entro 48 ore da un gran giurì. L’indomani di questo decreto, Giovedì Santo 6 aprile, all’inizio del Triduo Pasquale, Padre Planchat, 47 anni, fu arrestato e subito incarcerato. Senza mai rivolgere ai suoi carcerieri epiteti offensivi, in una lettera al fratello, tre giorni prima di morire, dopo essersi confessato, chiedeva di pregare “per tutti gli ospiti della prigione”, aggiungendo “il nostro sacrificio è compiuto”.
Primo sacerdote della Congregazione dei Religiosi di San Vincenzo de’ Paoli, era una contraddizione vivente per gli ideologi comunisti, poiché incarnava l’impegno concreto della Chiesa cattolica al servizio dei più svantaggiati. Questo servo dei poveri è morto senza processo, con gli occhi aperti rivolti al cielo, dopo una marcia di tre chilometri sotto gli oltraggi di una folla urlante. Il mostruoso eccidio di dieci ecclesiastici e quaranta gendarmi ebbe luogo a Rue Haxoil 26 maggio 1871, nella Città della Luce, dove Padre Planchat aveva dedicato tutte le sue energie a lottare per la giustizia sociale per più di vent’anni, lavorando a fianco dei lavoratori e delle loro famiglie nei quartieri popolari di Grenelle e poi di Charonne.
Cresciuto in una famiglia cristiana particolarmente generosa, l’esempio caritatevole dei suoi genitori lo ha incoraggiato molto presto a mettere in pratica la sua fede occupandosi dei bisognosi. Già da bambino, il suo desiderio era di servire i poveri, ai quali riservava una parte dei suoi risparmi. Sua madre lo chiamava “il mio piccolo San Vincenzo de’ Paoli”. Studente di diritto a Parigi, scopre la sua vocazione servendo gli svantaggiati a fianco dei membri della Società di San Vincenzo de’ Paoli, fondata nel 1833 sull’eredità spirituale del grande apostolo della carità, precursore dell’azione sociale. Seminarista, ordinato sacerdote nel 1850, scelse di servire umilmente il popolino di Parigi, vittima delle ingiustizie causate dalla rivoluzione industriale e dal materialismo della borghesia voltairiana.
Avvertendo il rischio di un nuovo mondo senza Dio, si era unito alla comunità laica fondata nel 1845 da Jean-Léon Le Prévost per provvedere ai bisogni immediati materiali e spirituali delle famiglie operaie, specialmente dei giovani sottoposti al duro lavoro delle officine. Nella seconda metà del XIX secolo, la preoccupazione dei Fratelli di San Vincenzo de’ Paoli e del primo sacerdote della loro congregazione era di arrivare ai più lontani, a quell’ambiente operaio che la parrocchia tradizionale non poteva raggiungere. Portarono avanti molte innovazioni con nuove proposte pastorali – patronati degli apprendisti, incubatori economici, biblioteche popolari, circoli operai, opere al servizio delle famiglie immigrate… – perché per loro, nello spirito del beato Federico Ozanam, fondatore delle Conferenze di San Vincenzo de’ Paoli, educare i lavoratori, portarli alla fede, a una vita in comunità con valori morali, era anche un modo per garantire l’armonia nella società. Volevano alleviare la miseria dei poveri e riportarli alla fede attraverso la carità.
“Formare Gesù Cristo in noi, per mostrarlo agli altri nelle nostre opere” è ancora oggi l’ideale dei religiosi di San Vincenzo de’ Paoli che operano nelle periferie esistenziali, soprattutto in Africa e in America Latina. Il loro apostolato si realizza attraverso opere essenzialmente missionarie, organizzate con l’obiettivo di raggiungere tutti i membri delle famiglie lavoratrici, dai bambini agli anziani, rispondendo alle loro necessità temporali e spirituali e aiutandoli ad assumersi le loro responsabilità.
Nel nostro mondo scristianizzato, ferito dalle conseguenze della pandemia, mentre nel 2021 ricorre il 150° anniversario dei martiri della Comune, l’esempio di Padre Planchat, prete del popolo, potrebbe ispirare un rinnovamento ecclesiale e il suo “estremismo d’amore” aprire un cammino di risanamento sociale.
François Vayne