Dopo cinque anni di lavori, la cattedrale gotica simbolo di Parigi riapre le sue porte con una cerimonia solenne. Tra salmi, organi restaurati e lodi al passato e al futuro, il messaggio è chiaro: la rinascita è possibile. Presenti leader da tutto il mondo e migliaia di fedeli, mentre il Papa invia un messaggio di speranza per la Chiesa francese.
«Notre-Dame, modello di fede, apri le tue porte», ha chiesto per tre volte l’arcivescovo di Parigi, monsignor Laurent Ulrich, 73 anni, bussando con il suo pastorale alla porta della cattedrale. Facendo riecheggiare il canto di lode e riaprendo poi al culto e ai visitatori, Notre-Dame gli ha risposto simbolicamente con l’intonazione del Salmo 121, seguito dall’inno “Questa è la dimora di Dio tra gli uomini”.
Dopo diversi anni di lavori che hanno fatto seguito al devastante incendio del 15 aprile 2019, un Lunedì Santo, la cattedrale di Parigi, risalente al XIII secolo, ha riaperto le sue porte il 7 dicembre alla presenza di numerosi presuli, del cardinale Timothy Dolan, arcivescovo di New York, e di 35 dei 50 capi di Stato e di governo del mondo, tra cui il presidente italiano Mattarella e il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump.
Per l’occasione è stato inviato a monsignor Ulrich un messaggio del Papa, letto pubblicamente dal Nunzio Apostolico, in cui si auspica che «la rinascita di questa mirabile chiesa possa essere un segno profetico del rinnovamento della Chiesa in Francia». Tuttavia, l’assenza di Francesco non è stata ben accolta dai fedeli, soprattutto per il fatto che ha in programma la visita in Corsica, ad Ajaccio, la prossima settimana.
In un comunicato stampa congiunto, nella terra della “sacrosanta” laicità che separa Chiesa e Stato, il Palazzo dell’Eliseo e la diocesi di Parigi avevano annunciato il giorno prima che questa storica cerimonia si sarebbe finalmente svolta “all’interno della cattedrale”, contrariamente a quanto previsto dal programma ufficiale. In un momento di grave crisi politica in Francia, la rinascita di Notre-Dame ha favorito un’unione sacra di breve durata ma storica.
«L’incendio di Notre-Dame era una ferita nazionale, e voi ne siete stati il rimedio, con la vostra volontà, il vostro lavoro e il vostro impegno», ha detto il presidente francese Emmanuel Macron lo scorso 29 novembre alla cerimonia di ringraziamento di tutte le persone coinvolte nei lavori e degli sponsor della ricostruzione di questo luogo di culto, che è di proprietà dello Stato e di cui la Chiesa è locataria. Nello spirito delle maestranze del Medioevo, 2.000 operai e artigiani hanno lavorato giorno e notte in questo gigantesco “cantiere del secolo”, in cui il legno di 2.000 querce è stato utilizzato per costruire la nuova ossatura e la guglia di Notre-Dame, che era divampata sotto gli occhi dei parigini e dei telespettatori di tutto il mondo, scioccati e impotenti.
Durante la diretta di questo sabato 7 dicembre di nuovo sono state trasmesse le immagini della rinascita di questo gioiello dell’arte gotica, emblema della Francia, nella lista dei beni ritenuti dall’Unesco patrimonio dell’umanità, alla cui ricostruzione hanno partecipato ben 340 mila donatori per un totale di 843 milioni di euro. Dopo aver rimosso le macerie, eretto impalcature e ripulito i 30 mila metri quadrati di volte e pareti interne sporcate dalle esalazioni di 400 tonnellate di piombo fuso, Notre-Dame – «maestosa e sublime», come la celebrava Victor Hugo – è stata finalmente restituita a un popolo che desiderava rivederla com’era dopo i vasti lavori di ristrutturazione diretti dall’architetto Eugène Viollet-le-Duc nel XIX secolo.
«La nostra cattedrale ci ricorda che siamo eredi di un passato più grande di noi, la nostra cattedrale ci dice quanto il senso e la trascendenza ci aiutino a vivere in questo mondo: a tramandare e a sperare», ha dichiarato il presidente Macron all’apertura della cerimonia, dopo un vibrante omaggio ai vigili del fuoco di Parigi e ai ricostruttori di Notre-Dame, elogiando la realizzazione tecnica e la capacità di unione della Francia. Il capo di Stato era circondato dalle autorità pubbliche e religiose che avevano assistito al coraggioso salvataggio dell’edificio cinque anni fa.
Nella cattedrale, il clero indossava i bellissimi paramenti luminosi – colorati di blu, giallo, verde e rosso – creati per l’occasione da Jean-Charles de Castelbajac, a significare che la dimensione spirituale stava finalmente riprendendo possesso di Notre-Dame. Sotto lo sguardo della statua della Vierge du Pilier, davanti alla quale Paul Claudel scoprì la sua fede nella notte di Natale del 1886, quasi 3 mila persone, tra cui 170 vescovi francesi, i fedeli di 106 parrocchie parigine e 150 persone in situazioni precarie, hanno assistito a questo grandioso evento, che è proseguito con il “risveglio” del grande organo sinfonico di Aristide Cavaillé-Coll, risparmiato dall’incendio e successivamente restaurato.
Anello di congiunzione tra due mondi, il ritorno di questo strumento liturgico a 8.000 canne, vera e propria “voce della cattedrale”, ha suscitato un’immensa emozione: l’arcivescovo di Parigi lo ha chiamato per otto volte – «Risvegliati, organo, strumento sacro» – mentre esso rispondeva gradualmente, grazie alle successive improvvisazioni dell’organista. L’organo, espressione di trascendenza, ha elevato le anime dei partecipanti in un luogo al di là del tempo e dello spazio, attraverso la pienezza e la dolcezza del suono che si sviluppava, facendo vibrare le pietre di Notre-Dame.
Il tempo sembrava davvero essersi fermato, in seguito, durante i vespri solenni, durante l’incensazione della Vergine del Pilastro, riportata in cattedrale in processione qualche giorno prima, e poi durante il Te Deum, l’inno in prosa del IV secolo che, rivolgendosi a Dio, riassume l’intero mistero cristiano. Al momento del Te Deum, tutti gli occhi si sono rivolti alla Croce Gloriosa di Marc Couturier e alla statua della Pietà dietro l’altare, una scultura creata nel XVIII secolo da Nicolas Coustou per onorare “il voto di Luigi XIII” del 1638 di consacrare la Francia a Maria.
Delle stimmate di Notre-Dame divorate dalle fiamme rimane solo un calco di piombo nel palmo della mano di Cristo, tenuto tra le braccia della Madre Addolorata, un ricordo discreto della protezione celeste che ha fermato la distruzione della cattedrale.
Sulle rive della Senna, come la sera dell’incendio, una folla di persone di tutte le convinzioni, credenti e non, è tornata il 7 dicembre per ammirare da lontano la resurrezione di Notre-Dame, illuminata da un nuovo fuoco, quello della speranza. L’8, durante la Messa, monsignor Ulrich consacrerà l’altare di bronzo, segno di Cristo su cui si basa la fede della Chiesa, concludendo le celebrazioni per la riapertura di Notre-Dame presiedendo una funzione solenne, prima che il pubblico possa tornarvi.
Dall’8 al 15 dicembre 2024, infatti, la cattedrale tornerà ad accogliere i visitatori ma parzialmente, “per un ottavario di riapertura”: otto giorni affinché la gioia di questa rinascita possa dilatarsi nel tempo. Nel prossimo futuro si prevedono 15 milioni di visitatori all’anno, circa 40 mila al giorno.
Questa “resurrezione di Notre-Dame”, secondo alcuni dei partecipanti intervistati da Famiglia Cristiana, dimostra, se ce ne fosse bisogno, che «il materialismo non può placare la nostra sete e che le rinascite sono sempre possibili». «Dalle ceneri alla luce, un unico insegnamento: credere che nulla è mai perduto! Possiamo trasformare ogni prova in una fonte di forza. Da ogni morte, possiamo fare una resurrezione», ha commentato padre Pierre Amar, sacerdote della regione di Parigi, sui social network questo fine settimana.
«In questa cattedrale, che non è crollata, si vede davvero la Chiesa che sta in piedi nonostante l’assalto delle fiamme», ha osservato Matthieu, un pompiere che si è convertito al cattolicesimo dopo l’incendio e che è stato tra i primi a entrare nella devastata Notre-Dame dopo il crollo della guglia, per salvare le reliquie della corona di Cristo. Questa sacra corona tornerà in processione per prendere posto nel suo nuovo reliquiario il 13 dicembre, al termine dell’ottavario della riapertura di Notre-Dame, portata in processione dai Cavalieri e dalle Dame dell’Ordine del Santo Sepolcro.
François Vayne