Pompei: 11 febbraio 2023, festa della Madonna di Lourdes
Testimonianza di François Vayne, giornalista
Prima di iniziare, ringrazio Sua Eccellenza Mons. Tommaso Caputo, Arcivescovo di Pompei, che è anche Assessore dell’Ordine del Santo Sepolcro – numero due nella gerarchia dopo il Gran Maestro – per avermi invitato a dare oggi qui la mia testimonianza, in questo anno dedicato al 150° anniversario dell’arrivo del fondatore del Santuario nella Valle vesuviana di Pompei (1872-2022).
Ringrazio in particolare l’Arcivescovo Caputo per la sua lettera alla Città e ai fedeli, pubblicata in occasione di questo anniversario, attraverso la quale ci fa rivivere intensamente l’esperienza fondatrice di Bartolo Longo, soprattutto dal giorno in cui, in Località Arpaia, quasi abitacolo delle arpie, nella povera e desolata Valle di Pompei, udì una voce ripetergli interiormente queste parole che furono per lui l’illuminazione: “Chi propaga il Rosario è salvo”.
Il mio ringraziamento va anche ai miei due cari amici, il Luogotenente dell’Ordine, Giovanni Battista Rossi e il Preside Emerito, Luigi Ramunno, veri cavalieri della celeste Regina di Palestina, nostra patrona.
Questo sabato è il giorno della settimana più specificatamente dedicato alla Vergine Maria, giorno caro al beato Bartolo Longo che ha propagato la devozione dei sabati del mese. L’11 febbraio, inoltre, è la festa della Madonna di Lourdes, che ho celebrato ogni anno nel Santuario dei Pirenei, dai 24 ai 50 anni, da quando lavoravo lì come giornalista responsabile in particolare della rivista di evangelizzazione, Lourdes Magazine, il mensile del Santuario mariano all’epoca pubblicato in cinque lingue e distribuito in 130 Paesi… Il vescovo, Custode della Grotta, mi aveva affidato anche la direzione della comunicazione.
Uscire dalla Grotta di Massabielle dieci anni fa è stato per me uno strappo e devo dire che il Santuario di Pompei ha adottato l’esule che sono, lì ho trovato mia Madre, nostra Madre, e anche un padre, una guida, un modello, nella persona di Bartolo Longo.
Oggi, 11 febbraio 2023, nel Messaggio per la Giornata Mondiale del Malato, papa Francesco ci invita a volgere lo sguardo al Santuario di Lourdes “come verso una profezia”, ”una lezione affidata alla Chiesa nel cuore della modernità”. “Non è solo ciò che ha valore di mercato che funziona e non è solo chi produce che conta. I malati sono al centro del popolo di Dio che avanza con loro come profezia di un’umanità dove tutti sono preziosi e nessuno è da escludere” dice il Santo Padre.
È questo mistero della piramide capovolta, che regge nel suo punto più fragile, che ho servito a Lourdes come giornalista per 26 anni. Infatti, contrariamente alla legge del mondo, nella Chiesa è il più debole che sostiene il tutto, dal Bambino di Betlemme a Cristo sulla croce, che porta San Paolo a dire: “Quando sono debole, allora sono forte” (2 Corinzi 12:1-10). È questo stesso mistero che Bartolo Longo ha servito qui a Pompei, attraverso le opere di carità che sono il frutto della sua preghiera mariana ed è per questo che mi sono sentito a casa appena ho conosciuto meglio il Santuario della Madonna del Rosario di Pompei dove, come a Lourdes, i più fragili sono concretamente amati attraverso una moltitudine di opere di carità. La “Nuova Pompei”, “Casa di Maria” sorta da Località Arpaia, sulle rovine del peccato e del mondo antico, è ai miei occhi la “Lourdes italiana”.
La scoperta di Bartolo Longo grazie a San Giovanni Paolo II
Ho sentito parlare per la prima volta di Bartolo Longo vent’anni fa, quando Papa Giovanni Paolo II pubblicò la sua Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae (16 ottobre 2002), nella quale ci esortava a pregare il Rosario contemplando la vita di Cristo per ispirarci.
È una “strizzata” d’occhio della Provvidenza, come ci fa comprendere Mons. Caputo nella sua lettera per il 150° anniversario, che questo evento, che insieme stiamo vivendo, commemorando l’arrivo di Bartolo Longo a Valle di Pompei, avvenga vent’anni dopo la pubblicazione della Lettera Apostolica di San Giovanni Paolo II.
Il Rosario, ci dice questo santo papa, «concentra in sé la profondità di tutto il messaggio evangelico, di cui è quasi una sintesi».
Quando è stata pubblicata questa lettera pontificia, d’accordo con il Vescovo locale, avevo realizzato un numero speciale della rivista Lourdes Magazine, presentando la vita e l’opera caritativa di Bartolo Longo. Fino ad allora mi era completamente sconosciuto. Questo laico mi è stato simpatico sin dall’inizio perché la sua vita non è stata facile; povero peccatore, mi sono riconosciuto in lui e da allora ho cercato gradualmente di riconoscermi in lui più spiritualmente.
Vale la pena ricordare quanto disse san Giovanni Paolo II del beato Bartolo Longo nell’introduzione alla sua Lettera Apostolica, parlando del suo “carisma speciale”, “quello di un vero apostolo del Rosario”.
“Il suo cammino di santità si basa su un’ispirazione udita nel profondo del suo cuore: “Chi propaga il Rosario è salvo!”. Da lì si sentì chiamato a costruire a Pompei un santuario dedicato alla Vergine del Santo Rosario presso le rovine dell’antica città appena penetrata dall’annuncio evangelico prima di essere sepolta nel 79 dall’eruzione del Vesuvio”. “Attraverso tutta la sua opera, in particolare attraverso i ‘Quindici sabati’, Bartolo Longo ha sviluppato l’anima cristologica e contemplativa del Rosario”, ha aggiunto Giovanni Paolo II.
In Francia, vi assicuro che è stato proprio attraverso questa lettera papale che abbiamo conosciuto il beato e l’interesse per lui continua a crescere, tanto che appare come un modello di vita cristiana in questi tempi difficili. Sappiamo che fu “sacerdote” dello spiritismo prima di rivolgersi con amore agli altri, in nome del Vangelo, compiendo immense opere di carità grazie alla forza della preghiera. La sua vita, infatti, ci insegna che non c’è situazione infernale sulla terra da cui la misericordia divina non possa venire a liberarci grazie alla preghiera del Rosario: “Chi propaga il Rosario è salvo”.
Il cammino spirituale del Rosario, fondato sulla contemplazione incessante – in compagnia di Maria – del volto di Cristo, è infatti un cammino di liberazione. A questo proposito, nella Lettera di Giovanni Paolo II, avevo trovato una citazione del Beato molto illuminante per la mia vita, che mi aiutava ad entrare in amicizia con Gesù e con Maria. Disse nostro fratello Bartolo: “Come due amici che spesso si incontrano finiscono per somigliarsi anche nel modo di vivere, così anche noi, parlando familiarmente con Gesù e con la Vergine, attraverso la meditazione dei Misteri del Rosario e formando insieme una medesima vita attraverso la Comunione, possiamo diventare, per quanto la nostra bassezza lo permette, come loro e imparare dai loro esempi sublimi a vivere in modo umile, povero, nascosto, paziente e perfetto”.
“Il Rosario è insieme meditazione e supplica”, scriveva Giovanni Paolo II in questa Lettera. “L’insistente implorazione della Madre di Dio si fonda sulla fiduciosa certezza che la sua materna intercessione è onnipotente sul cuore di suo Figlio. Ella è “onnipotente per grazia”, come diceva il beato Bartolo Longo, in una formula di cui bisogna capire l’audacia, nella Supplica alla Vergine”, ha aggiunto il santo papa.
Nella sua esortazione apostolica, san Giovanni Paolo II parla ancora del beato Bartolo Longo, che “ha visto anche il rosario come una ‘catena’ che ci unisce a Dio”. “Una catena, sì, ma una catena dolce; perché tale è sempre il rapporto con Dio che è Padre. Una catena “filiale”, che ci dona a Maria, la “serva del Signore” (Lc 1,38) e, in definitiva, a Cristo stesso che, pur essendo Dio, si è fatto “servo” per amore nostro (Ph2,7)”.
Giovanni Paolo II ha concluso la sua lettera dicendo: “Che il mio appello non rimanga lettera morta”.
Credo che sia stato ascoltato, dopo essersi inchinato spiritualmente davanti all’immagine della Vergine del Rosario in questo splendido Santuario costruito per lei dal Beato Bartolo Longo. Il 150° anniversario è una buona occasione per “tornare all’esperienza di Bartolo Longo” in Località Arpaia: “C’è di nuovo una scintilla da accendere”, secondo l’espressione di Mons. Caputo nella sua lettera alla Città e ai fedeli di Pompei.
Le sofferenze vissute senza mai abbandonare la preghiera del Rosario, grazie a Bartolo Longo
Dopo la scoperta di Bartolo Longo, in questa Lettera Apostolica del Papa, ho attraversato grandi problemi familiari. Avevamo cinque figli, ma la vita di coppia era dolorosa, così cominciai a invocare il Beato di Pompei per chiedergli aiuto.
Così, provvidenzialmente, sono stato invitato a fare la mia consacrazione alla Divina Misericordia a Roma, nella chiesa di Santo Spirito in Sassia, il 13 novembre 2004. Non sapevo ancora che questa data è l’anniversario dell’arrivo del quadro della Vergine di Pompei su un carro adibito al trasporto di letame, l’ho scoperto dopo con grande meraviglia e lodando il Signore per la sua misericordia. Aggiungo, tra l’altro: la Grotta di Lourdes, a Massabielle, non era forse anch’essa una discarica, un luogo malfamato come Località Arpaia? Questa è una grande similitudine tra Lourdes e Pompei, che ci riporta al Vangelo: colui che Maria Maddalena ha preso come giardiniere il mattino di Pasqua può usare il nostro sterco – se glielo offriamo – per far sbocciare fiori di grazia e di pace! Località Arpaia, come Massabielle, è il luogo della “ripartenza”, di cui parla Monsignor Caputo nella sua lettera per il 150° anniversario.
Nella nostra famiglia abbiamo attraversato grandi sofferenze, come quella del divorzio sei anni dopo la pubblicazione della bellissima Lettera Apostolica di San Giovanni Paolo II, ma senza mai abbandonare la preghiera del Rosario! “Ella è onnipotente per grazia”, come è scritto nella RosariumVirginis Mariae, citando la Supplica alla Vergine del beato Bartolo Longo, la Madonna ci ha fatto rinascere, attraverso la nullità del matrimonio riconosciuta dalla Chiesa e una nuova unione quattro anni fa e poi, la riconciliazione con la mia ex moglie.
Questa catena del Rosario di cui parla la Lettera Apostolica, questa catena che ci lega a Dio, è liberatoria da ogni schiavitù, credo, compresa la schiavitù del destino e della tristezza. Per esempio, essendo nato da padre ignoto – un “figlio naturale” – alla fine della guerra d’Algeria, ho sofferto terribilmente per non aver conosciuto mio padre, ma la preghiera del Rosario mi ha liberato da questo peso, avendomi Dio offerto di incontrare miracolosamente questo padre quando ero già padre anch’io, di sentirgli dire il suo amore, e poi di conoscere i suoi quattro figli e di vedere la mia famiglia crescere e ricostituirsi.
È una storia veramente biblica, come ogni nostra storia, una storia santa, perché vissuta con Dio nonostante i colpi del nemico che cerca di separarci da lui. Maria veglia su di noi e ci custodisce nel suo manto di luce, se ci rifugiamo umilmente in esso.
Dopo questi eventi, sono venuto per la prima volta in gita a Pompei, nel 2012, un po’ da “turista” devo ammettere… Nella Francia laica si parla solo di turismo quando si parla dell’antica città di Pompei, mai di pellegrinaggio. Avevo letto di Bartolo Longo, ma non sapevo quanto il Santuario fosse vicino alle rovine, e soprattutto non sapevo che il suo corpo giaceva lì. Durante il Triduo pasquale sono entrato nel Santuario e il 7 aprile 2012, Sabato Santo, mi sono raccolto con fede accanto al corpo di Bartolo Longo, vestito con il suo mantello di Cavaliere del Santo Sepolcro (i miei appunti di allora mi hanno ricordato la data).
È stata una sorpresa per me incontrare il Beato nella cappella dove riposa. Ho pregato in ginocchio per lungo tempo, affidandogli il mio futuro incerto. Gli ho parlato come un figlio parla a suo padre, con le lacrime di speranza negli occhi e il cuore che batteva per l’emozione. Sono sicuro che mi ha visto e sentito, nella comunione dei santi.
Qualche mese dopo, un nuovo vescovo a Lourdes mi fece sapere che voleva cambiare le cose; in realtà ero divorziato e, senza dubbio, questo non gli andava bene… Dovetti partire, sperimentare la disoccupazione, mentre avevo la custodia dei miei due figli più piccoli… Il sostegno del Rosario fu essenziale per me, mi aggrappai al mio Rosario come un uomo che sta annegando a un salvagente.
La Provvidenza, che sempre ci precede, mi ha portato a lavorare, dal giugno 2013, per la comunicazione internazionale dell’Ordine del Santo Sepolcro, a Roma. Sono sicuro che il cavaliere Bartolo Longo ha interceduto per me e da allora cerco di farlo amare, come giornalista ma soprattutto come semplice battezzato dalla vita complicata che si riconosce in lui…
Il suo lavoro per gli orfani e i figli dei carcerati mi tocca molto e, al di là della mia storia personale sappiamo che “non siamo orfani, abbiamo una madre” – come dice Papa Francesco – per questo “siamo figli, siamo una famiglia, siamo Popolo di Dio”.
“Non vi lascerò orfani” dice Gesù (Gv 14,18), che poi, sulla croce, ci dona sua madre attraverso l’apostolo Giovanni, che rappresenta tutti noi… Nel mondo spiritualmente orfano, dove Dio e sua Madre sono dimenticati, assenti dalle preoccupazioni di molti, possiamo invocare il Beato di Pompei perché ci mantenga nella fede cattolica e nell’amore di Maria Immacolata.
In questa prospettiva, la foto di Benedetto XVI, futuro Dottore della Chiesa – come ha profetizzato il nostro Gran Maestro – inginocchiato davanti al corpo di Bartolo Longo, nel libretto in cui è pubblicata la lettera dell’arcivescovo Caputo in occasione di questo 150° anniversario (pagina 11) è molto suggestiva. Era il 19 ottobre 2008, meno di un anno dopo la pubblicazione della sua enciclica Spe Salvi, in cui scriveva: “Quale persona potrebbe più di Maria essere per noi stella della speranza, lei che con il suo “sì” ha aperto la porta del nostro mondo a Dio stesso; che è diventata l’Arca vivente dell’Alleanza, in cui Dio si è fatto carne, è diventato uno di noi e ha piantato la sua tenda in mezzo a noi” (cfr Gv 1, 14)? “Santa Maria, Madre di Dio, Madre nostra, insegnaci a credere, sperare e amare con te (…) Stella del mare, risplendi su di noi e guidaci nel nostro cammino!”
Vivere e lavorare ogni giorno alla presenza di Bartolo Longo
Diffondere la speranza in questo mondo in crisi significa diffondere il sorriso di Maria, soprattutto attraverso i media.
Ho pensato, durante un recente convegno di giornalisti a Lourdes, che voglio essere un servitore di Maria come a Cana, per riempire d’acqua le giare dei nostri contemporanei affinché Gesù possa fare miracoli nelle loro vite.
Sono un giornalista e ammiro la rivista fondata da Bartolo Longo – Il Rosario e la Nuova Pompei – a cui sono abbonato. Anche qui Bartolo Longo è un modello per comunicare le meraviglie di Dio. Per me è un “influencer”, come dicono i giovani, nella nostra vita quotidiana. Ci aiuta a “generare Dio”, attraverso le relazioni umane, senza puntare ai risultati, nella prospettiva di quella che Mons. Caputo definisce nella sua lettera una “pastorale generativa”, ispirata alla cultura dell’incontro che caratterizza il pontificato di Papa Francesco.
È l’unico membro laico dell’Ordine del Santo Sepolcro ad essere stato beatificato fino ad oggi. Ogni giorno nel Palazzo della Rovere, sede romana dell’Ordine, mentre vado a recitare la preghiera dell’Angelus, passo davanti a un bassorilievo di Bartolo Longo in un corridoio. Poiché si trova un po’ in alto, facendo in modo che nessuno mi veda, riesco a toccargli la barba con un movimento di preghiera, affidandogli in particolare il nostro lavoro per la Chiesa Madre in Terra Santa, e non solo. Dopo l’Angelus, mi incontro spesso con il cardinale Fernando Filoni, Gran Maestro, e lì, nel suo grande ufficio, il gigantesco ritratto di Bartolo Longo presiede ai nostri colloqui. Si potrebbe anche dire che è lui a ispirare le nostre conversazioni quotidiane.
Giovanni Paolo II lo ha dichiarato beato il 26 ottobre 1980, e non mancano le grazie per chi lo invoca con umiltà e fiducia. Spero con tutto il cuore che un miracolo permetta presto la sua canonizzazione, affinché il suo esempio di fede e di carità attiva sia seguito ancora di più.
Per concludere, propongo di fare nostre le toccanti parole con cui Bartolo Longo conclude la sua celebre Supplica alla Regina del Santo Rosario, citata da San Giovanni Paolo II nella sua famosa Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae: “O Rosario benedetto di Maria, catena dolce che ci rannodi a Dio, vincolo di amore che ci unisci agli Angeli, torre di salvezza negli assalti dell’inferno, porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell’ora dell’agonia. A te l’ultimo bacio della vita che si spegne. E l’ultimo accento delle nostre labbra sarà il nome tuo soave, o Regina del Rosario di Pompei, o Madre nostra cara, o Rifugio dei peccatori, o Sovrana consolatrice dei mesti. Sii ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo”.
Vi ringrazio per la vostra attenzione e per questo invito che ha svegliato in me il desiderio di imitare la fede di Bartolo Longo, la sua perseveranza nelle difficoltà e il suo grande amore alla Chiesa.
Pompei, 11 febbraio 2023